giovedì 18 maggio 2017

UN MONDO CHE CAMBIA, UN'INDAGINE SOCIOLOGICA

Il mondo è in continuo cambiamento, ciò è dovuto alla proprietà della rete, alle crisi finanziarie globali, alla dilagante povertà e ai flussi migratori.

La rete ha molti vantaggi ma anche effetti collaterali. Siamo passati dall’indigenza informativa all’opulenza informativa. La rete fornisce informazioni eterogenee, diversificate e contraddittorie. L’eccesso di informazioni impedisce la comprensione non più fornendo poche notizie ai cittadini, ma fin troppe, mettendoci in una condizione di confusione.
Viene inoltre minacciata la nostra vocazione democratica, ovvero una democrazia di sorveglianza che si basa sulla presenza di cittadini informati ma anche capaci di senso critico, responsabili nei confronti della società di cui sono parte. Oggi, invece, il cittadino è controllato (telefonate, connessioni, o i semplici cookie che continuamente tracciano la nostra navigazione internet) ma non riesce ad esercitare controllo.
Cosa limita la democrazia di sorveglianza? Da una parte uno stato nazionale che non può controllare le reti globali di informazioni e di potere. Dall’altro l’appiattimento dell’opinione pubblica, sempre più uniformata e passiva anche a causa dell’influenza dei media. Questi distruggono l’autonomia critica ma anche l’impegno politico e culturale.


La società planetaria si è stratificata su tre livelli: quello dell’aristocrazia economica e del sapere legata al governo della città globale; quello del consumatore passivo di economia e di cultura; e quello di tutti gli emarginati, sia sul piano economico, sia su quello culturale.
L’attuale sistema economico favorisce l’accumulo di risorse nelle mani di una élite super privilegiata ai danni dei più poveri (in maggioranza donne). E l’Italia non fa eccezione se, stando ai dati del 2016, l’1% più facoltoso della popolazione ha nelle mani il 25% della ricchezza nazionale netta.
Il nuovo potere è fondato sulla tecnica e sull’economia. Esso è sovranazionale e globale ma in grado di condizionare le politiche nazionali, finalizzato non al bene comune della società ma al profitto economico. Si tratta di un potere invisibile e impersonale, non localizzabile, ideologicamente fondato sul neo-liberismo, perfino disattento alle istanze della giustizia sociale.

Vi è una dilagante crisi economica, le cui cause sono sia esterne (riduzione delle prospettive di crescita dentro e fuori l’Europa, le tensioni finanziarie collegate alla crisi del debito sovrano, etc.) che interne (politiche di bilancio restrittive finalizzate al risanamento del debito pubblico, etc.). A ciò si aggiunge una crisi strutturale di competitività che appare da oltre un decennio una caratteristica dell’economia italiana.

In Italia oltre una persona su quattro è a rischio povertà o esclusione sociale. Sono persone che non possono permettersi durante l'anno una settimana di ferie lontano da casa, che non hanno potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione, che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro, che non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni. La Sicilia risulta essere una delle regioni più povere d’Italia, preceduta in termini percentuali solo dalla Basilicata; al contrario la Lombardia, l’Emilia Romagna e l’Umbria risultano le tre regioni meno povere.

Altra importante questione riguarda i migranti. Guerre, dittature, mancanza di opportunità economiche e cambiamenti climatici sono tra i fattori che alimentano i circuiti dei migranti. E modificano quotidianamente lo scenario geopolitico mondiale. Negli ultimi decenni del secolo scorso questo movimento ha assunto nuove dimensioni e prospettive, invertendo la propria direzione e interessando in particolare le aree del Nord del pianeta, trasformate da paesi di emigrazione in mete di destinazione per milioni di persone appartenenti alle aree più povere della terra e attratte da prospettive di cambiamento.

Da questo insieme di situazioni ne nasce un generalizzato sentimento di disagio esistenziale che può essere sintetizzato con il termine tedesco “Unsicherheit”. Con questo termine si saldano tre sfumature di significato: l’insicurezza lavorativa (flessibilità, etc.), l’incertezza esistenziale (ad esempio l’acuita fragilità dei legami interpersonali) e la vulnerabilità fisica ( innanzitutto in relazione ad atti criminali). Il crescere di questo insieme di paure non sarebbe che il frutto degli effetti combinati di individualizzazione e di globalizzazione. Il mondo contemporaneo si presenta con caratteristiche del tutto diverse da quelle che ci sono state rese familiari dagli studi della società moderna. I cambiamenti sono talmente radicali, repentini, interdipendenti da produrre un senso diffuso di inadeguatezza, incertezza, timore. In Italia serpeggia un profondo sentimento di sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni. Queste hanno perso credibilità e capacità di creare “solidarietà” con i cittadini. Da ciò discendono opportunismo, rassegnazione, disinteresse per la cosa pubblica.

Ma non mancano trasformazioni di carattere innovativo anche dal basso. Il sentimento di ingiustizia, sopruso, oppressione e insopportabilità può sfociare in comportamenti creativi dei singoli e dei gruppi. Si dà così corso a proposte innovative di mutamento sociale che possono trovare effettiva realizzazione una volta realizzata la trasformazione invocata.

©DeniseInguanta






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