giovedì 14 settembre 2017

"LETTERA DEL DIAVOLO", DOPO SECOLI DECIFRATA DA UN ALGORITMO

Sarebbe stato svelato, grazie a un gruppo di fisici e di informatici che sono ricorsi a un algoritmo, il mistero della Lettera del diavolo.
Si tratta della missiva conservata nel monastero di clausura di Palma di Montechiaro, vicino Agrigento. Scritta in caratteri incomprensibili, sarebbe stata consegnata a suor Maria Crocifissa della Concezione, al secolo Isabella Tomasi, dal diavolo in persona nella notte dell’11 agosto del 1676.

Lettera del diavolo


Il demonio avrebbe dettato personalmente il contenuto della lettera alla suora, per farla cadere in tentazione e pare che la religiosa, dopo averne appreso il contenuto, cioè una richiesta a Dio di lasciare gli uomini liberi di peccare, e dopo una lotta estenuante con un gruppo di demoni, si sia rifiutata di firmarla e consegnarla a Dio, come richiesto dal diavolo, scrivendo solo «ohimè».
Poco dopo la suora fu trovata riversa per terra nella sua cella, in stato di agitazione, con «mezza faccia sinistra imbrattata di nero inchiostro».

L’episodio storico è citato nel romanzo “Il Gattopardo” e se ne è occupato anche Andrea Camilleri nel libro “Le pecore e il pastore”, insieme alla misteriosa storia che racconta di alcune suore del monastero che si sarebbero lasciate morire come forma di sacrificio per ottenere la guarigione del vescovo gravemente ferito in un attentato.

La lettera riporta undici righe, che ricordano a prima vista un po’ il greco classico e un po’ l’alfabeto cirillico; undici righe che sembrano raccontare qualcosa.


Così un gruppo di fisici e di informatici del Ludum Science Center di Catania ha preso in mano la lettera per decifrarla.

Abbiamo inserito nel programma - spiega Daniele Abate, responsabile del gruppo - l’alfabeto greco, quello latino, quello runico (delle antiche popolazioni germaniche) e quello degli yazidi, il popolo considerato adoratore del diavolo che abitò il Sinjar iracheno prima della comparsa dell’Islam, tutti alfabeti che suor Maria Crocifissa poteva avere visto o conosciuto. L’algoritmo prima individua i caratteri che si ripetono uguali, poi li compara con i segni alfabetici più simili nelle varie lingue». 

Così sono emerse frasi come: «Forse ormai certo Stige» (Stige è uno dei cinque fiumi degli Inferi secondo la mitologia greca e romana) e «Poiché Dio Cristo Zoroastro seguono le vie antiche e sarte cucite dagli uomini, Ohimé», e infine: «Un Dio che sento liberare i mortali».  

«L’idea che mi sono fatto – dice Abate – è che questo sia un alfabeto preciso, inventato dalla suora con grande cura mischiando simboli che conosceva. Ogni simbolo è ben pensato e strutturato, ci sono segni che si ripetono, un’iniziativa forse intenzionale e forse inconscia. Lo stress della vita monacale era molto forte, la donna potrebbe avere sofferto di un disturbo bipolare, allora non c’erano farmaci né diagnosi psichiatriche. Certamente c’era il diavolo nella sua testa».

In effetti, pare che vi siano dei documenti nello sconfinato archivio segreto del Vaticano in cui si parla proprio di questa nobile monaca isterica, delle sue visioni, delle sue lotte col diavolo. Il Vescovo la venerava e le credeva, il Papa e la Sacra congregazione dei Riti invece no. Poco mancò che non intervenisse il Santo Ufficio e la monaca finisse al rogo. Ma aveva lo zio Cardinale e per questo veniva tutelata.

©DeniseInguanta












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